Lea Barletti Lo spazio tra (ovvero, uno spettacolo vivo)
Lo spettacolo sta per iniziare. Gli spettatori hanno fatto il biglietto, sono entrati in teatro, si sono accomodati sulle poltrone pronti ad assistere a uno spettacolo che avviene proprio in quel luogo, e in quel momento, uno spettacolo, dunque, “dal vivo”. Gli attori hanno imparato il testo a memoria, entrano in scena, recitano, “dal vivo”. Quello a cui gli spettatori assistono, adesso, è dunque a tutti gli effetti uno spettacolo “dal vivo”. Ma è anche uno spettacolo “vivo”? Dov’è la differenza? E cosa fa di uno spettacolo “dal vivo” uno spettacolo “vivo”?
Biografia
Attrice, autrice e performer italiana; attualmente vive e lavora a Berlino assieme a Werner Waas, con il nome “Barletti/Waas”. Le loro ultime produzioni, Selbstbezichtigung/Autodiffamazione di P. Handke, in versione bilingue italo/tedesca, Kaspar (in lingua tedesca) di P. Handke, Monologo della buona madre di L. Barletti, Parla, Clitemnestra! di L. Barletti, sono rappresentate sia in Italia che in Germania. Oltre che di testi teatrali è autrice anche di poesie e racconti. Un suo libro di racconti, “Libro dei dispersi e dei ritornati”, è stato pubblicato nel 2018 da Musicaos Ed.
La compagnia italo-tedesca Barletti/Waas e gli spettacoli bilingui di Peter Handke
Da quasi dieci anni, all’inizio dello Sprechstück (letteralmente: “pezzo parlato”) „Autodiffamazione“ del primo Peter Handke, entrano in scena nudi, incarnando così l’età infantile, innocente, ancora non ammaestrata da una lingua normativa. Poi si mettono dei vestiti neri, con i quali si materializzano questa donna e quest’uomo “formali”. Le frasi della loro confessione teatrale si fanno man mano più spietate, ma anche più assurde. Si viene creando un legame fra le due lingue, il tedesco e l’italiano, non solo nell’alternanza, ma proprio nel loro essere insieme, sia nel parlato che nella proiezione della lingua scritta. Ciò che ne risulta, come anche in altre produzioni del duo artistico, è una dinamica e una bellezza del tutto particolari. Il duo italo-tedesco, da tempo anche coppia nella vita, ha trovato, da quando ha iniziato a girare fra l’Italia e la Germania con „Autodiffamazione“ – il debutto è stato nel 2013 a Roma – una precisa cifra stilistica per il proprio teatro. Un’intensità nell’ arte bilingue di recitare e nell’ uso sapiente della lingua, combinata con scenografie minime e con una vicinanza al pubblico che permette quasi di toccarsi, insieme a una presa in carico di testi della letteratura drammatica per i quali sentono l’urgenza impellente di portarli in scena. Nel solco di Handke seguono nel 2017 „Kaspar“ (anche questo portato in scena con due soli interpreti), nel 2021 l’opera monumentale „Attraverso i villaggi“ (insieme ad altri cinque attori/attrici scritturati) di cui curano entrambi la regia, e, per lo spazio pubblico, un altro Sprechstück, „Profezia“ (con un intero coro parlante, visto fra l’altro durante il Performing Arts Festival davanti al Rotes Rathaus, il municipio di Berlino) Inoltre, testi di Herbert Achternbusch, Rainer Werner Fassbinder e Werner Schwab. Ultimamente una “Antigone“, raccontata, grazie a un’introduzione approfondita di tutto l’antefatto e dei vari spin off, in modo che poi si riesca a comprendere a fondo lo spettacolo, presentato nella traduzione anticheggiante di Hölderlin e nella traduzione moderna in lingua italiana di Fabrizio Sinisi. Come scenografia, soltanto un pannello sul quale Lea Barletti disegna, man mano che la spiegazione di Waas procede, pittogrammi e frecce che illustrano lo schema ramificato della storia, più due piccole colonne portanti due maschere arcaiche nelle quali sono nascoste delle casse per il sound di Luca Canciello. Lo spettacolo può essere rappresentato, come ultimamente anche a Berlino, in forma di teatro da appartamento, ma funziona anche nei festival o, come spesso in Italia, può essere inserito nella stagione dei teatri senza grossi cambiamenti. A Berlino Barletti/Waas vengono programmati di solito dal Theaterdiscounter dove hanno appena presentato una retrospettiva con tre testi di Handke. Barletti, nata nel 1967, proviene dalla scena off italiana e, oltre alla sua carriera di performer, scrive anche lei stessa testi teatrali. A Lecce, in Puglia, ha contribuito insieme al suo partner a dare vita ad un centro culturale multidisciplinare. Waas, nato nel 1963, è cresciuto nella Bassa Baviera, cosa che si può intuire facilmente dalla parlantina di questo figlio di insegnanti, con trauma pedagogico da lui stesso diagnosticato. Dagli anni 80 lavora in Italia, da dove tornava a più riprese anche in Germania, così ad esempio nel 2011 come “Fatzer” in una coproduzione fra la Volksbühne di Berlino e il Teatro Stabile di Torino. Soltanto nel lavoro comune di Barletti e Waas si è però sviluppata quella commistione artistica delle loro lingue madri che oggi rappresenta il loro profilo estetico. Il pubblico non deve conoscere entrambe le lingue e può lo stesso sperimentare con godimento e profitto il loro essere in relazione. Soprattutto nei testi del primo Handke, che tematizzano il dominio della lingua stessa, risulta una dimensione linguistico-musicale fra un italiano femminile e un tedesco maschile – una percezione che viene naturalmente contrappuntata continuamente dagli stessi testi. Lo si può già intuire nel duplice titolo “Selbstbezichtigung/Autodiffamazione” – per poi percepire e comprendere la messa in scena con tutti i sensi a disposizione. Una forma molto particolare e intima di teatro internazionale. (Thomas Irmer)
Anlässlich seines 80. Geburtstags zeigen wir am TD Berlin erneut drei unserer Handke Stücke: Selbstbezichtigung/Autodiffamazione, Kaspar und Weissagung.
Seit nunmehr 10 Jahren beschäftigen wir uns intensiv mit Texten Peter Handkes. Seit 10 Jahren spielen wir „Selbstbezichtigung“, seit 8 Jahren „Kaspar“, seit einem Jahr die „Weissagung“. Dazwischen das Großprojekt des selten gespielten Stücks „Über die Dörfer“.
Gemeinsam ist diesen Stücken die Konzentration auf Sprache, auf das, was Sprache mit uns macht, wie sie das Denken formt. Sprache als Materie, als oft tückisches Spielmaterial, das ein Eigenleben hat, eine Eigenständigkeit, die nicht auf nur eine Funktion, auf nur eine Bedeutung heruntergebrochen werden kann. Das macht die Qualität dieser Texte aus, sie bedeuten nichts, verweisen nicht auf andres, sie sind einfach nur da, geformte Sprache, und warten darauf laut gesprochen zu werden, um sich entfalten zu können: in den Köpfen, Herzen und Körpern der Schauspieler, wie in denen des Publikums.
Wir spielen dieses Spiel mit der größtmöglichen Transparenz, bis zur totalen Nacktheit, lassen sich dabei zuschauen, was die Sprache mit und in ihnen anstellt: jedes Mal neu, jedes Mal anders, überraschend auch für uns selber.
Clitemnestra è, per tutti coloro che hanno letto il ciclo dell’Orestea, la moglie, fedifraga e assassina, di Agamennone, nonché la madre di Oreste, da quest’ultimo infine uccisa per vendicare il padre.
Ma nessuno sa che, per tradire ed uccidere Agamennone, Clitemnestra aveva delle buone, buonissime ragioni. Agamennone l’aveva avuta in moglie come preda di guerra, dopo averle ucciso il marito e il figlioletto ancora in fasce, strappandoglelo dalle braccia. In seguito, sempre Agamennone, aveva acconsentito al sacrificio della comune figlia Ifigenia, per propiziarsi il dio del mare al momento della partenza per la guerra di Troia. Partito infine per la guerra, era tornato dopo lunghi anni portando con sé come preda di guerra e concubina, Cassandra. Ecco, questo è l’antefatto della storia di Clitemnestra. Ciononostante, in questo testo, la “mia” Clitemnestra, alla fine, deciderà di non uccidere Agamennone, accontentandosi, dopo avergli spiegato le proprie ragioni, di cacciarlo via, lontano da sé. Si rifarà una vita? Chi lo sa, e non mi interessa. Intanto però, ha provato, prova, a spezzare il cerchio di sangue, violenza e vendette che da sempre sembra fare la storia. La Storia con la S maiuscola, quella degli uomini. La sua, invece, è soltanto una storia, la storia di una scelta: quella di prendere, finalmente, la parola.
(schematische Zeichnung der Beziehungen und Vorgeschichte Antigones, wie sie im Verlauf der Einführung entsteht – hier während der Aufführung in einer Privatwohnung in Rom)
Regie/Konzept: Barletti/Waas;
Spiel: Lea Barletti und Werner Waas;
Sound Design Chor: Luca Canciello
Übersetzung: Friedrich Hölderlin (deutsch), Fabrizio Sinisi (italienisch)
Was ist die kleinste mögliche Form, um das für uns lebensnotwendige Ritual des Theaters auch in Krisenzeiten wie diesen aufrecht zu erhalten? Wie schafft man es, in Zeiten von Lockdowns, social distancing und genereller Isolation, diese besondere Art von Gemeinschaft am Leben zu erhalten, die Erfahrung von sich selbst durch die Verschmelzung mit anderen erfährt? Aus dieser Fragestellung entstand diese Idee eines Minimaltheaters, das die Tragödie bei den Leuten zuhause oder in kleinen Nebenräumen als mögliche Bewußtseinszelle im Heute sucht und befragt.
Projektbeschreibung
Persönliche Freiheit und Staatsräson scheinen aktuell oft miteinander im Clinch zu liegen. Die Kategorien dessen, was notwendig und richtig ist, müssen täglich von jedem neu definiert werden. „Antigone“ behandelt Fragen, auf die man schwer eindeutige Antworten geben kann. „Antigone“ berührt innere und gemeinschaftliche Werte sowie Pflichten, die unaufschiebbar sind. Was soll man tun, wenn das innere Gefühl von Gerechtigkeit in Konflikt gerät mit der Staatsgewalt? Und was droht dem Staat, wenn sich Personen einfach so über dessen Gesetze hinwegsetzen? Und welche Rolle spielt dabei Mystifikation von Macht, Religion und Moral als Rechtfertigung für das eigene Tun? Seit Jahrtausenden wirft „Antigone“ Fragen auf. Vor allem in Krisenzeiten scheint es fast unvermeidlich, sich auf den Konflikt zwischen Kreon und Antigone, Antigone und Ismene, Kreon und Hämon zu besinnen: auf den Konflikt zwischen Macht und Verantwortung, Widerstand und Schuld, Mitleid und Hybris. „Antigone“ erzählt aber auch von einer Weltsicht, die sich nicht in der Gegenwart erschöpft: von Frauen und Männern, von Krieg und Versöhnung, von Vergangenheit und Zukunft, von Kommunikation und Unverständnis, von Sprache und Übersetzung, von Körper und Geist, von Leben und Tod. Es erzählt von der Notwendigkeit des Theaters. „Antigone“ ist das Theater, die gefährliche Kunst par excellence: gefährlich weil lebendig, weil sie im jetzt stattfindet und nicht gegeben ist, weil sie immer wieder alles riskiert in der Gegenüberstellung mit den Zuschauern. Das Theater als Ort, der sich zwischen Publikum und Schauspielern auftut, als Kunst, die Fragen stellt, auch wenn sie keine Antworten darauf weiß, als Kunst, die das Risiko des Zweifels auf sich nimmt und auch den Zuschauer damit konfrontiert.
Was wir hier zeigen ist eine besondere Version der „Antigone“ von Sophokles, weit entfernt vom Pomp und der Rhetorik eines „Staats-Theaters“: eine aufs Minimum reduzierte „Antigone“ mit nur zwei Interpreten, die sich alle Rollen teilen und mit den Rollen auch deren Verantwortung, Schuld und Schicksal. Eine „kleine bewegliche Form“ im Sinne Brechts. Eine Art „Kammertragödie“, konzipiert für Wohnungen, Hinter- und Nebenzimmer, Kellerräume, Innenhöfe und andere nicht theatrale Räume und für eine begrenzte Anzahl von Zuschauern. Man schaut sich sozusagen in die Augen, lernt sich kennen, ist füreinander präsent, was die politische Explosivität des Ausgangsmaterials noch verschärft. Es handelt sich also um eine sehr intime Version der Tragödie des Sophokles, wo die Konflikte zwischen den Figuren zu inneren Konflikten werden und die Zuschauer eingeladen sind, in den Köpfen der Protagonisten Platz zu nehmen und den Zerreißprozessen im Bewusstsein der Protagonisten von ganz nah, wie durch ein Vergrößerungsglas, beizuwohnen. In unserer „Antigone“ gibt es keine Figuren außer im Sinn von „Personae“ und es gibt auch keine Bösen und Guten, denn der Konflikt ist immer der des Menschen mit sich selbst, mit dem anderen Teil von sich und mit dem eigenen „Schatten“.
In einer etwa 20-minütigen Einführung wird außerdem der Kontext, die Vorgeschichte und die Beziehungen der Figuren untereinander auf sehr niedrigschwellige Art und Weise vorgestellt. Gleichzeitig geben wir so auch Zuschauern, die mit der antiken Tragödie keine Vertrautheit haben, einen einfachen und direkten Zugang zur Geschichte, die sie gleich sehen werden. Das gezeichnete Schema bleibt während der Vorstellung sichtbar und hilft so bei der Einordnung der Geschehnisse.
Gefördert vom Fonds Darstellende Künste aus Mitteln der Beauftragten der Bundesregierung für Kultur und Medien im Rahmen von NEUSTART KULTUR und kofinanziert durch ein Crowdfunding über die Plattform Startnext