REGINA
Dì, sei malata?
BIANCANEVE
Che state a far domande, voi, che
augurate la morte a colei che, troppo bella,
sempre spina vi fu nell’occhio.
Che mi guardate con dolcezza?
La bontà, che amorevole appare
nel vostro occhio è solo artefatta,
il tono dolce soltanto imitazione.
L’odio, si sa, alberga nel vostro cuore.
Non foste voi a mandarmi il cacciatore,
a chiedergli di puntare il suo pugnale
contro questo volto odiato?
Se sono malata, ora mi chiedete?
Lo scherno non s’addice a bocca tanto dolce.
Già, la dolcezza si trasforma in odioso scherno,
se senza ritegno offende con tanta crudeltà.
Non sono malata; io sono morta.
La mela velenosa mi fece tanto male
Ahi ahi ahi che male e, madre, voi,
voi foste colei che me la diede.
E ora mi schernite perché sono malata?
REGINA
Cara bambina, ti sbagli. Tu sei malata,
sì, sul serio, seriamente malata.
L’aria fresca del giardino ti farà
senz’altro bene. Ti prego,
non lasciare a tali pensieri
la tua debole testolina. Stai serena.
Non arrovellarti, non pensare.
Fai movimento, salta, corri.
Chiama veloce la farfalla.
Rimprovera l’aria, perché non
abbastanza tiepida. Sii bambina
e presto perderai quel pallore
che come un bianco sudario
il roseo volto ora ti copre.
Non pensare al peccato. Sia
scordato il peccato. Io forse
peccai contro di te, molti anni fa.
Chi più se lo ricorda?
Le cose brutte si dimenticano
se si hanno vicino cose belle a cui
pensare. Non starai piangendo?
BIANCANEVE
Si, mi viene da piangere, se penso
come in fretta cercate di assassinare
il passato come già voleste
assassinare me. Piango, sì,
davanti a tanta smemoratezza
del peccato che vorrebbe adulare.
Oh, voi date ali al peccato, ma esso
vola male con il suo nuovo paio d’ali,
non gli vanno. Esso è così vicino
a me e a voi, che con parole adulatorie
vorreste farlo sparire, così vicino,
dico, da poterlo quasi toccare,
e io non riesco a dimenticarlo, mai,
né voi, che l’avete commesso.
Dì, cacciatore, non mi giurasti morte?
CACCIATORE
Certo, principessa, morte atroce,
ma non la diedi, come narra
già chiaro e forte la fiaba.
La vostra preghiera mi commosse,
il vostro volto, dolce come la neve,
che distesa aspetta il bacio del sole.
Misi via l’arnese con cui vi volli dar
la morte e uccisi il capriolo, che
proprio allora ci attraversò la strada,
e bevvi, avido, il suo sangue.
Il vostro invece lasciai intatto.
Perciò non dite che vi giurai la morte,
dato che ruppi quel voto per compassione
prima di avervi fatto male alcuno.
REGINA
E allora. Perché piangi così?
Tirò fuori il pugnale sol per scherzo.
Avrebbe dovuto ammazzare
la bontà dentro se stesso,
prima di ammazzare te.
Ma non lo fece, perché la bontà
è viva in lui, lucente come i raggi del sole.
Dammi un bacio e dimentica,
alza allegra lo sguardo e sii saggia.
BIANCANEVE
Come potrei baciare questa bocca,
i cui baci spinsero al misfatto
questo cacciatore. Io non ti bacerò mai.
Con i baci infatti tu incitasti
il cacciatore qui all’assassinio,
e morta io fui nel momento stesso
nel quale egli diventò tuo amante.
REGINA
Cosa stai dicendo?
CACCIATORE
Lei, a me, con i baci?
PRINCIPE
Comincio a credere che sia vero.
L’uomo dall’abito verde non mostra
tutto il rispetto, che sarebbe
dovuto a sì alta regina.
Biancaneve, che brutto tiro
ti ha giocato l’odio senza amore.
E’ un miracolo che tu sia viva.
Hai resistito a veleno e pugnali.
Di quale stoffa sei mai fatta,
che sei morta, eppure così leggiadra
e viva, già, così poco morta, al punto
che la vita stessa s’innamora di te?
Dimmi, ti uccise questo cacciatore?
BIANCANEVE
No, no, in quest’uomo vive
un cuore buono e compassionevole.
Se la regina avesse quel cuore
mi sarebbe una madre migliore.
REGINA
Ti voglio molto più bene,
di quanto non ti dica il tuo cupo sospetto.
Non mandai quel cacciatore
sui tuoi passi con i baci. Timore cieco
ti ha resa sospettosa.
Al contrario io ti ho sempre amata
come la mia cara bambina innocente.
Che ragioni avrei mai, che motivo o diritto
per odiare te, che mi sei cara
come figlia al proprio petto!
Oh, non credere alla voce diffidente,
che bisbiglia peccato dove non ce n’è.
Credi all’orecchio destro e non al sinistro,
voglio dire a quello falso, che ti dice,
che io sono una madre cattiva,
invidiosa della tua bellezza. Ahi, non credere
a quella favola folle che
nell’avido orecchio del mondo
versa la notizia che io sia pazza
di gelosia, cattiva di natura,
sono tutte chiacchiere.
Io ti amo. Mai confessione
è stata più sincera.
Che tu sia bella mi fa solo piacere.
Bellezza nella propria bambina è
balsamo per lo stanco affetto di madre,
non pungolo per un abominevole misfatto,
come invece suggerisce la fiaba
a questa trama qui, a questo gioco.
Non ti voltare, sii la mia dolce bambina,
credi alla mia parola di madre come a te stessa.
BIANCANEVE
Oh vi crederei con piacere,
dato che credere è serena delizia.
Ma con quale fede posso credere
lì dove di fede non c’è traccia,
dove insidiosa s’annida la cattiveria,
dove con nuca orgogliosa risiede l’ingiustizia?
Voi parlate con la dolcezza di cui siete capace,
ma ancora non sapete agire con dolcezza.
L’occhio che scintilla pieno di scherno,
che sussulta minaccioso verso di me,
così poco materno, e che ride funesto
accompagnando il tono adulatorio della lingua,
che esso disprezza: esso dice il vero,
e solo a lui, all’occhio orgoglioso,
io credo, non alla perfida lingua.
PRINCIPE
Io credo che tu abbia ragione, bambina mia.
REGINA
E c’è bisogno del vostro aiuto, principino,
volete aggiungere fiamma a fiamme, dove
invece servirebbe un acquazzone sano?
Straniero multicolore, non osate
avvicinarvi troppo a una regina.
PRINCIPE
Di cosa non sarei capace, per amore della principessa,
davanti a voi, demonio che siete?
REGINA
Cosa?
PRINCIPE
Sì, e anche se sembro piccolo e debole:
Qui mille, diecimila-, centomila volte
ripeto in faccia a voi:
Qui siamo davanti a un grande delitto,
che testimonia contro di voi, la regina.
A questa dolce bambina veniva
dato del veleno come a un cane.
Il perché, ve lo dica la vostra cattiveria,
la vostra tranquilla coscienza! Dolce bambina,
andiamo ora un po’ di sopra
e riflettiamo su quanto ci affligge.
Se troppo debole ti senti appoggiati
qui su questa spalla fedele,
che con piacere porta tale peso.
E voi, regina, ora vi lasciamo
per un breve lasso di tempo.
Poi ci riparleremo. (a Biancaneve) Venite,
permettetemi questa dolce libertà.
La porta via nel castello.
REGINA
Vai pure, malconcio ammasso agghindato,
vai coppia nuziale, sposata con la morte.
Vai afflizione e conduci la debolezza;
E siate molto intimi, così a braccetto.
Vieni, grazioso cacciatore, discorriamo.
Trasformazione.
Una stanza nel castello. Il principe e Biancaneve
PRINCIPE
Vorrei chiacchierare tutto il giorno
così a braccetto con te.
Che effetto mi fanno le parole
che fuoriescono dalla tua bocca graziosa.
Com’è allegra ogni tua singola parola.
Incantato dalla loro ricchezza il mio
orecchio sta come nell’amaca
dell’ascolto, e sogna violini,
sussurri, dolce canto di usignolo,
bisbigli amorosi. Ondeggia
il mio sognare, come la risacca
del lago contro il nostro giardino.
Oh parla, e io dormirò per sempre.
Prigioniero dell’amore, in questo modo,
in catene, ma immensamente ricco,
libero, come mai spasimante è stato.
BIANCANEVE
Voi parlate un nobile linguaggio, da principe.
PRINCIPE
No, lascia che io ti ascolti, che l’amore
che ti giurai laggiù in giardino,
in quel recinto per bambini, non sia
vanificato da parole vuote.
Voglio solo ascoltare e rispondere
nel pensiero ai tuoi suoni amorosi.
Parla, così che io possa tacere sempre
ed esserti fedele. L’infedeltà arriva
presto insieme alle parole e parla veloce
come una sorgente nel vento che la sferza,
e che la fa traboccare di chiacchiere.
No, lasciami in silenzio, a te fedele.
In questo senso io ti amo d’amore
che è più che amore. Così l’intimità
dimentica se stessa, e c’inonda
me e te, di umidità.
Umido sia l’amore, come la notte,
e mai torbido di polvere secca.
Parla dunque, che come rugiada
cadano le tue parole sul nostro amore.
Sei silenziosa. Cosa guardi?
BIANCANEVE
Voi parlate di silenzio come una cascata,
e intanto zitto non state mai.
PRINCIPE
Cos’hai, parla! Hai l’aria seria,
ti guardi i piedi con aria sofferente,
come se cercassi lì le tue parole,
è l’amore che bisbiglia. Non essere cupa.
Parla leggera, se c’è qualcosa che ti affligge.
Srotola il tuo dolore come fosse un tappeto,
sul quale noi poi giocheremo allegri.
Il mal di cuore bene si sposa con gli scherzi.
BIANCANEVE
Tu parli, parli, eppure promettesti
il silenzio. Che vai parlando
con tanta fretta senza fermarti mai?
La confidenza non ha lingua così svelta
e l’amore ama il morbido riposo.
Oh, se non sei devoto al mio
piacere in ogni sua accezione,
dimmelo. Dillo, dato che dici
che solo l´infedeltà parli senza fermarsi mai,
che lei sola sia così svelta a chiacchierare.
PRINCIPE
Lascia stare.
BIANCANEVE
Sì, voglio che parliamo, che stiamo allegri.
Tristezza e basse afflizioni siano
bandite dal regno dell’amore.
Scherziamo, balliamo, urliamo.
Cosa c’importa del male del tempo,
che c’impone di tacere!
Beh, vedi qualcosa laggiù in giardino?
PRINCIPE
(che guarda fuori dalla finestra)
Ahi, quel che vedo è bello e dolce
solo per l’occhio, che non fa che guardare.
E’ sacro ai sensi, che raccolgono
quel quadro nelle loro reti sottili.
Alla mente invece, che conosce il passato,
appare brutto come l’alluvione di fango
e d´acqua torbida. Ahimè, è una vista
duplice, dolce e brutta,
pensierosa e bella. Guarda
tu stessa con i tuoi occhi.
BIANCANEVE
No, dimmi, cosa vedi? Dillo.
Dalle tue labbra poi capisco
il fine disegno di quel quadro.
Se sei tu a dipingerlo, mitigherai
di certo con mente saggia e prudente
le asprezze dello sguardo. Allora, cos’è?
Vorrei udirlo, invece che vederlo.
PRINCIPE
E’ la più leggiadra voluttà
che mai infiammò coppia d’amanti.
La regina bacia la bocca del cacciatore
e lui restituisce bacio su bacio.
Stanno seduti sotto il salice,
i cui lunghi rami ondeggiano
sopra alle loro teste.
L’erba bacia l’intrigo
dei loro piedi avvinghiati.
Il legno della panca geme sotto il peso
dei corpi, che fanno un corpo solo
nell´impeto dell’abbraccio amoroso.
Oh, così si ama una coppia di tigri
nella giungla, completamente dimentiche del mondo.
Il dolce piacere li unisce,
poi si staccano, ma solo per darsi
di nuovo e con più ardore. Sono senza parole
e senza paragoni davanti a tale quadro.
Vuoi vederlo e restare senza parole?
BIANCANEVE
No, finirei solo per sentirmi male.
Vieni via da quell’immagine vile.
PRINCIPE
L’incantesimo dei colori mi lascia
a fatica. E’ un quadro dipinto
dal dolce amore in persona.
Oh, come sta sdraiata, la regina,
cinta nel suo forte abbraccio.
Come urla di voluttà e come
quel tale la ricopre di baci.
Così si copre una scodella,
no, anzi un cielo, piacere divino
è l’apertura di quella bocca, sì.
Quel tizio è un impertinente.
Crede che il suo abito da cacciatore
lo protegga dai pugnali. Un pugnale
è l’incantesimo di quel quadro per me.
Oh, sono impazzito. Quella donna!
Che danno le infligge quel rozzo individuo.
Ah, quella dolce, dolce donna.-
Ah, se solo potessi perdere i sensi
che hanno visto questo. Ora sono perduto.
La tempesta si porta via tutto quanto
si chiamava amore, e che vorrebbe ancora chiamarsi così,
ma non si chiama più così. Che vada tutto in malora.
BIANCANEVE
Ahimè, cosa devo sentire.
PRINCIPE
Ahimè, cosa ho dovuto vedere!
BIANCANEVE
Oh, non chiedo altro ormai
che essere morta e sorridente, morta.
E’ quel che sono e sono sempre stata.-
Mai provai bollente tempesta di vita.
Sono silenziosa come morbida neve,
che sta sdraiata sotto i raggi del sole,
affinché la tocchino. Neve io sono –
e mi sciolgo al tiepido respiro,
che non è destinato a me, ma alla primavera.
Dolce è quel passare. Cara terra,
accoglimi nella tua casa!
Al sole mi sento così male.
PRINCIPE
Sono io a farti questo brutto male?
BIANCANEVE
Oh no, non tu. Come potresti!
PRINCIPE
Come sei graziosa. Come ridi,
come mi sorridi! Non mi amare,
io disturbo solo la tua quiete.
Oh, se solo ti avessi lasciata nella bara.
Com’eri bella lì sdraiata. Come la neve
che riposa sul silenzioso mondo dell’inverno.
BIANCANEVE
Neve, sempre neve?
PRINCIPE
Perdonami, cara immagine invernale,
simulacro del riposo casto e bianco.
Se ti ho offesa, è successo solo
per amore. Ora l’amore si
allontana via da te, piangendo,
in direzione della regina. Perdona all’amore
di averti tolta dalla bara
di cristallo, dove eri sdraiata
con guance di rosa, la bocca aperta
e un respiro come di donna viva.
Era un’immagine dolce da morire:
se solo l’avessi lasciata com’era,
l’amore sarebbe ancora ai tuoi piedi.
BIANCANEVE
Guarda, guarda! Ora che sono viva,
mi butti via come quella morta!
Come siete strani voi uomini.
PRINCIPE
Sì, sgridami, mi fai del bene.
Odiami e io mi inginocchierò davanti a te.
Dammi del brutto farabutto:
mi fai bene. Ma ora lasciami
andare in cerca della graziosa regina,
che voglio liberare da un amore
indegno. Ti prego, sii molto
arrabbiata, sì, furibonda con me.
BIANCANEVE
E perché mai? Dimmi, perché?
PRINCIPE
Beh, perché sono un tale farabutto,
che scappa via da te verso quell’altra,
che ora eccita di più i suoi sensi.
BIANCANEVE
Un farabutto non lo sarai mai! Ah, è così, è così?
I sensi, eccita di più i tuoi sensi?
Ah quale insensatezza si annida nei sensi.
Quale muta di cani è quella che ti eccita
a tal modo i sensi che tu, come un capriolo,
fuggi spaventato dal nemico
che t’insegue. Bene allora, e sia.
Fuggi, fuggi via da me, incontro al ruscello
che ti disseta con acqua migliore.
Io resto e sorrido, ti stuzzico
con la mano tesa e pallida,
seguo la tua fuga con voce allegra
che chiama: Biancaneve ti aspetta,
vieni, bussa alla vecchia porta;
e rido forte. Allora tu giri
la cara testa fedele verso di me,
m’implori, che faccia silenzio,
perché le urla non hanno senso. – Vattene!
E vattene, io ti lascio andare.
Raccomandami alla mia regina.
PRINCIPE
Raccomandarti alla regina?
Come? Sto sognando?
BIANCANEVE
Beh, sí. Non ho forse il permesso
di salutare per tuo tramite la mamma,
indaffarata con lavori di cucito
laggiù nel parco ombroso?
Sta cucendo qualcosa per il suo amore _
non mi riguarda. Io le devo amore,
e l´amore la saluta così tramite te.
Dille che io le perdono. Oppure no,
non si addice a una bambina parlare in questo modo
in ginocchio implorala di perdonarmi.
Tanto, dovrai stare in ginocchio per
conto del tuo stesso amore. Diglielo allora
così, come un dolcetto in premio,
e stai attento, a come annuisce leggiadra,
a come, presa da commozione, lascia
la sua mano al tuo bacio ardente,
e come, poiché tu eri bravo, a me
per il mio errore concede il suo perdono.
Con quanta impazienza già aspetto
la parola materna. E vai, fai presto.
PRINCIPE
Biancaneve, non ti capisco.
BIANCANEVE
E che c´entra con il nostro discorso?
Vai ora, ti prego. Lascia solo
il fiore che non rivela i suoi petali
se non alla solitudine
Tanto non era destinato a te;
perciò stai tranquillo. Vai, lasciami
al mio sognare, che si schiude
prezioso come gemma colorata.
Vai da quell´altro fiore, vai
e quel profumo, a te più dolce, annusa.
PRINCIPE
Anche tu stai tranquilla. Aspettami qui.
La regina raddolcita
porterò da te. Vado ora
a cercarla nel giardino ombroso.
Affronterò il cacciatore, quella canaglia,
non importa quando e dove e come.
Fino ad allora stai tranquilla e attendi.
Esce.
BIANCANEVE
E´ pieno d’inquietudine e raccomanda
a me la calma, che in me
è scesa molto più che in lui.
Che vada tutto come deve andare.
L´infedeltà del principe fa male.
Ma non piango, proprio come
non festeggerei se avessi
prova del suo fervido amore.
Più eccitata dell´eccitazione stessa
non voglio apparire, ed essa tace,
ingoia la propria paura, e così
farò anch´io. Ah, ecco che viene
la madre in persona, e tutta sola.
Alla regina che appare.
Oh buona madre, perdonatemi.
Si getta ai suoi piedi.
REGINA
E perché mai? E alzati, bambina mia.
BIANCANEVE
No, in ginocchio, così, davanti a voi.
REGINA
E cos´hai, cosa ti commuove tanto,
cos´è che trema tanto nel tuo petto?
Alzati e dimmi cosa hai.
BIANCANEVE
Non ritraete la vostra dolce mano,
che io voglio coprire di baci.
Come ho desiderato questa stretta!
Scuse imbarazzate non temono
d’essere respinte quanto io
temo qui davanti a voi. Dimenticate, perdonate.
Siate madre benevola per me. Lasciate
che io sia la bambina della vostra bontà,
che si stringe timorosa al Vostro corpo.
Oh dolce mano, io pensavo,
che tu insidiassi la mia vita,
che fosti tu a darmi quella mela: non è vero.
Quel peccato non è che perfida invenzione
partorita nella confusione dei pensieri.
Pensare è l’unico peccato,
che qui esiste. Oh, assolvetemi
per quel sospetto che vi offese tanto.
Io voglio solo amare, amare voi.
REGINA
Come? Non ti avrei mandato il cacciatore?
Non lo avrei forse spinto con i baci,
a commettere quel grandissimo peccato?
Guarda, che non la stai pensando giusta.
BIANCANEVE
Io sento soltanto! Il sentimento è acuto.
Io conosco esattamente tutti i punti
di questa faccenda. Ma, perdonate,
il sentimento, molto più dei pensieri,
riesce a rappresentarsi nobili le cose.
Il suo giudizio, privo di ogni giudizio,
giudica con più acume e con più semplicità.
Perciò non voglio saperne del pensare
che si arrovella di continuo qua e là,
dandosi arie d’importanza. E’ pieno di sé,
dice, è andata così, e insiste
nella sua querula condanna.
Via quel giudice, che non fa che pensare!
Se non sente, pensa in piccolo.
Il suo giudizio avrà il mal di pancia,
pallido, renderà pazzo l’accusatore,
da ogni peccato assolverà il peccatore
e in un solo respiro abolirà l’accusa.
Datemi quell’altro giudice, il sentimento
dolce, ignaro di tutto, e sentite
cosa ha da dire. Oh, non dice nulla.
Sorride, bacia a morte il peccato,
lo accarezza come fosse sua sorella,
lo strangola di baci. Il mio sentimento
vi assolve da ogni peccato,
vi implora in ginocchio, vi prega:
chiamatemi peccatrice, a me,
che invoco, ansiosa, il perdono.
REGINA
La mela avvelenata te l’ho mandata io;
tu ne mangiasti e fu la tua morte.
I nani ti portarono nella bara
di cristallo, finché il bacio
del principe non ti risvegliò.
Non è forse andata come dico?
BIANCANEVE
Tranne per il bacio è tutto vero.
mai bocca maschile profanò
baciandole queste labbra.
Il principe, come potrebbe mai baciare?
I peli ancora gli mancano sul mento,
non è che un ragazzino, nobile
per il resto, ma terribilmente piccolo,
debole, come il corpo che si ritrova,
piccolo come il senso, al quale è attaccato.
Non mi parlate più di baci di principe,
mamma. Quel bacio è morto,
come se mai avesse sentito l’umido
di due labbra ambedue bagnate.
Ma di cosa volevo parlare? Ah,
del peccato, che sta in ginocchio
davanti a voi, la dolce peccatrice.
REGINA
No, questo è falso. Ti stai raccontando
una favola. La fiaba stessa
dice che io sono la regina cattiva,
che io ho mandato il cacciatore,
che io ti ho dato la mela da mangiare.
Rispondi bene adesso.
Tu implorasti solo per scherno
il mio perdono, vero? Tutto non è
che gesti e modi studiati ad arte
parole, che furbamente hai memorizzato?
Sospettosa ora mi hai fatto
diventare. Cosa stai facendo?
BIANCANEVE
Osservo quella dolce, graziosa mano,
guardo quanto è bella, miracolosa
nel risvegliare nella bambina l’affetto,
che tutto quasi era ormai spento.
No, voi non siete una peccatrice:
dove nascondereste quell’inclinazione?
Anch’io non lo sono. Noi non siamo
macchiate da alcuna vergogna,
pure guardiamo su verso il cielo puro,
con fare dolce, come si usa quaggiù.
Un tempo ci facemmo del male.
Ma questo è successo troppo tempo fa
per saperlo ancora. Aprite per me,
vi prego, la vostra cara bocca;
raccontatemi qualcosa di allegro.
REGINA
Io mandai qualcuno per ucciderti.
Non fui avara di baci e carezze
con costui che ti venne dietro,
e, come alla selvaggina, per boschi
e campi ti diede caccia finché cadesti.
BIANCANEVE
Ah, quella storia la conosco,
e anche quella della mela, e della bara.
Raccontatemene un’altra, fatemi il piacere.
Non vi viene in mente nient’altro?
Siete tanto affezionata a questi tratti,
che sempre li dovete ritracciare?
REGINA
Con i baci, con i baci, istigai
quel cacciatore, quell’assassino.
Ah, come piovvero baci, baci,
come rugiada su quella faccia,
che a me giurò fedeltà e a te morte.
BIANCANEVE
Dimenticate tutto, dolce regina.
Vi prego, non ci pensate più.
Non roteate a quel modo i grandi occhi.
Perché tremate? Per tutta la vita
voi a me avete fatto solo il bene;
di questo vi sono tanto grata.
Se l’amore conoscesse parole migliori,
forse parlerebbe con minor imbarazzo.
In cambio l’amore è senza confini,
non sa parlare, perché è tutto
immerso nel vostro essere.
Odiatemi, di modo che io possa amare
ancora di più come una bambina,
tutta presa soltanto dal proprio fervore,
e per nessun’altra ragione che questa:
per chi lo fa, semplicemente,
amare è cosa dolce e meravigliosa.
Non mi odiate?
REGINA
Odio me molto più di te.
Un tempo ti odiavo, invidiavo
la tua bellezza, a dispetto del mondo,
perché tutto il mondo cantava le tue lodi,
e ti riveriva e al contempo
guardava male me, la regina.
Oh, questa cosa mi fece
ribollire il sangue e lo trasformò in tigre.
Non erano più i miei occhi a vedere,
non erano più le mie orecchie a sentire.
L’odio irragionevole soltanto vedeva e sentiva,
mangiava, sognava, giocava e dormiva per me.
Mi coricavo triste, facevo ciò
che lui voleva. Ora non più.
L’odio ora vuole amare. L’amore
odia se stesso, perché non ama con più ardore.
Ma guarda, sta arrivando il giovane principe.
Vai, bacialo, chiamalo il tuo tesoro.
Digli che io gli voglio un gran bene,
nonostante le parole amare che mi disse
per fare un favore a te. Vai e diglielo!
Entra il principe.
PRINCIPE
Voi, graziosa regina, stavo cercando.
REGINA
Come? Graziosa? Questo è un saluto ben gentile.
Vi voglio bene principe, per amor di Biancaneve,
con la quale vi volete fidanzare.
PRINCIPE
Biancaneve non si vuole fidanzare con me.
Dice che io ho altre mire ormai,
da quando la sollevai dalla bara
e la condussi qua. E se lei
ha ragione, la colpa è vostra.
A voi, regina, mi offro tutto quanto.
REGINA
Da dove viene quella debolezza di carattere,
che si lascia piegare di qua e di là
come un giunco mosso dal vento?
PRINCIPE
Da dove? Veramente non lo so:
Ma questo lo so fin troppo bene:
che io sono innamorato, e di chi?
Di voi, che siete la regina.
REGINA
Questo genere di amori non mi piacciono.
Vanno troppo veloci. Troppo infantile
mi pare il vostro comportarvi,
troppo ondivago il vostro spirito,
troppo veloce il modo d’essere. Abbiate pazienza
e non dite che mi amate.
Al contrario, mi dovete rimproverare
per via di Biancaneve, che sembrate
aver dimenticato, senza un briciolo d’amore.
Ehi, cacciatore!
PRINCIPE
Che volete da quel farabutto?
REGINA
Non è un farabutto. Nel suo abito da cacciatore
vale quanto diecimila principi.
Non siate così violento, pensate a chi
vi avvicinate con la vostra tempesta.
Al cacciatore che appare.
Ah, eccoti qua.
CACCIATORE
Cosa comandate?
REGINA
Recitaci, come se fosse vera,
la scena della pena di Biancaneve
come l’ha vissuta nel bosco: ora, qui.
Fa come se la volessi uccidere.
Tu, fanciulla, scappa come fosse vero.
Io e il principe saremo spettatori
e protesteremo se troppo timidamente
reciterete le vostre parti.
Bene allora, cominciate!
CACCIATORE
Biancaneve, vieni, ti uccido.
BIANCANEVE
Eh, come se fosse così facile.
Tirate prima fuori il pugnale. Le vostre
minacce orgogliose non mi fanno paura.
Perché mai vorreste strangolare
questa mia vita, che mai vi ha
recato offesa né fatto alcun male?
CACCIATORE
La regina ti odia; mi ordinò
di ucciderti, con ardore mi
istigò con dolci baci.
REGINA
Ah, ah, con i baci, ah ah ah.
BIANCANEVE
Cos’ha la mia dolce regina?
REGINA
Niente, continuate. Siete bravi.
PRINCIPE
Il farabutto fa la sua parte di farabutto
in modo naturale. Gli va a pennello,
aderente come l’abito da cacciatore
REGINA
Principe, principe!
CACCIATORE
(A Biancaneve)
Perciò preparati a morire.
Non fare problemi, te ne prego.
Sei sabbia negli occhi della regina,
te ne devi andare da questo bel mondo.
Così vuole chi mi comanda.
Preparati, che ti opponi ancora?
BIANCANEVE
E non mi dovrei poter difendere, se
la morte insolente mi afferra per il collo?
Oh uomo duro, sei tu la morte!
Non ci credo; hai lo sguardo dolce e mite,
fra le tue sopracciglia si scorge l’animo buono.
Tu uccidi gli animali, non gli esseri umani
che non siano apertamente tuoi nemici.
Lo vedo, la compassione ti fa
abbassare l’arma. Grazie, oh grazie!
Se solo la regina avesse la tua anima.
REGINA
Ah? Davvero? Fai veramente sul serio,
e ti dimentichi e dici il vero? –
Allora, cacciatore, per favore, esci dal
tuo ruolo, che non si addice a un uomo come te.
Dalle addosso a questa brutta donnaccia
che tutto il pomeriggio mi ha spaventato
con le sue perfide chiacchiere. Oh, uccidila
e porta qui il suo cuore bugiardo,
deponilo ai piedi della tua regina.
Il cacciatore punta il pugnale contro Biancaneve.
PRINCIPE
Cosa? Cosa? Scappa, Biancaneve.
Farabutto, fermati. Oh, Regina,
che serpe siete voi.
REGINA
(bloccando il braccio del cacciatore ridendo)
Ma è tutto solo un gioco.
Venite nel giardino. Aria di primavera,
passeggiare su e giù nel parco ombroso,
parlottare sui viali di ghiaia
sia la conclusione di questo litigio.
Io sono una serpe ai vostri occhi,
o anche molto peggio. Non importa,
perché già l’ora seguente dimostrerà,
a tutti voi, che non lo sono.
Biancaneve vieni. Principe, permettete,
la chiamo la bambina del mio cuore.
Abbiamo solo giocato poco fa!
Caspita, e le parti erano ben distribuite.
Come per scherzo è stato tirato fuori
un pugnale dalla mano di un cacciatore:
Chi è il farabutto – ah ah ah.
Venite, andiamo tutti in giardino.
PRINCIPE
Ma ancora non mi fido del tutto di voi.
REGINA
Venite, principino coniglietto! Cacciatore vieni.
Così ci accompagnino le risa.
CACCIATORE
Sì, mia regina.
Se ne vanno.
Trasformazione.
Un giardino come nella prima scena. Entrano la regina e Biancaneve.
REGINA
Adesso ti lamenti di nuovo come prima,
sei amara, mi lanci sguardi torvi.
Perché questo muto cambiamento?
Lo sai, non ti porto rancore;
senza motivo è quindi la tua tristezza.
Il principe a te fece ritorno
con rinnovato amore;
tu tieni il broncio e non ti accorgi dell’amore
che da ogni parte ti muove incontro.
BIANCANEVE
Ahimè, non riesco a sbarazzarmi del pensiero
che voi mi odiate e mi perseguitate.
Sempre nell’animo ansioso
mi segue questo pensiero
e mai, finché son viva,
riuscirò a liberarmene.
Sta appiccicato nero in fondo al cuore,
rende cupo ogni suono allegro
dell’anima. Sono tanto stanca,
e mi piacerebbe stare nella bara aperta
come immagine priva di emozioni.
Se solo fossi ancora con i nani,
lì troverei pace e darei pace a voi.
Vi tormento, e ve lo leggo in faccia: voi
desiderate che io sia lontana mille miglia
REGINA
No, no.
BIANCANEVE
Ahi, se solo fossi rimasta con i nani.
REGINA
Com’era lì? Era silenzioso e bello?
BIANCANEVE
Silenziosa come la neve vi riposava la pace.
Se solo fossi con loro, erano buoni
con me come fratelli; laggiù
è tutto uno scintillio di allegra pulizia.
Il dolore, come un avanzo di cibo disgustoso,
spiacevole ai sensi coltivati,
era estraneo alla tavola linda della vita.
Il piacere, come un lenzuolo, era così puro,
che dormendo vi si affondava
verso un regno di sogni colorati.
Animi di poca nobiltà erano
sconosciuti a quella gente.
Ognuno amava le maniere delicate,
i comportamenti civili. Dolci conversazioni
trovavano la loro eco sulle labbra.
Se solo fossi ancora lì. Invece qualcosa mi spinse
piangente qui verso di voi,
indietro nel mondo, nel quale un cuore
è costretto a morire ed appassire.
REGINA
Quindi non esisteva odio
fra i tuoi nani? Allora forse anche
l’amore gli era del tutto sconosciuto,
poiché l’odio nutre l’amore, come sai,
e l’amore, più di ogni altra cosa, ama
l’odio freddo e amaro, lo sai bene.
BIANCANEVE
Mai lì sentii parola rozza,
mai odio vi turbò l’amore. Se c’era
amore, non lo saprei dire.
Soltanto l’odio fa sentire l’amore.
Lì non sapevo cos’era l’amore.
Qui ora lo so, perché non c’è che odio qui.
Desiderandolo prendo coscienza dell’amore;
mossa dall’odio, l’anima desidera amare.
Laggiù, con i nani, vissi
in una serenità mai offuscata.
Non ne voglio più parlare. E’ finita.
REGINA
E allora, mia cara, ridiamo.
BIANCANEVE
No, ridere richiede un altro piacere
da quello che io nutro nel seno.
Ho solo voglia di piangere.
Voi spingeste il cacciatore con baci
e adulazioni e solo l’altro giorno
lo istigaste all’assassinio.
“Dalle addosso alla brutta donnaccia”,
così diceste e tremaste per la rabbia
e dopo lo chiamaste un gioco.
Oh, voi siete piena di voglia di vendetta,
state facendo un gioco inaudito con me,
che non so come difendermi.
Calatemi nella fossa. La fossa di Biancaneve
sarà il piacere prediletto di Biancaneve.
Piacere nel sorridere lo trovo solo
nella bara, dove sta stesa la mia gioia;
sdraiatemi accanto a lei, fatemi il piacere.
REGINA
Ora sorridi, ora ridi perfino.
BIANCANEVE
Ah, solo per un attimo.
Quello seguente già mi annuncia
il brutto e il male che mi viene da voi,
mi minaccia col dito, mi indica a lungo,
mi fissa con occhi grandi,
come fate voi. Poi sussurra:
la madre non è la madre.
Il mondo non è il dolce mondo.
L’amore è odio, sospettoso e muto.
Il principe è cacciatore, vita è morte.
Voi non siete la buona regina,
ma invece quella orgogliosa e opulenta
che mi mandò il cacciatore sanguinoso.
Vi è caro, lo adulate,
gli permettete il dolce bacio
con il quale lo istigate all’assassinio.
Io sono la sua selvaggina – tutto questo
mi dice amaro l’attimo seguente.
Ora doppiamente di nuovo mi odiate.
REGINA
Io lo istigai con i baci.
No? Non è così? Dillo!
Gridalo al mondo pacifico,
ai venti, ripetilo alle nuvole,
incidilo nella corteccia degli alberi folti,
affidalo alle dolci correnti d’aria,
che lo spargano insieme al dolce
profumo quasi fosse primavera.
Oh, così ognuno lo aspirerà,
inneggerà a te, innocente, chiamerà me cattiva,
dato che ho nutrito l’assassinio con amore,
che l’ho acceso con baci velenosi.
Ehilà, dove sei nascosto, cacciatore, vieni.
Via col pudore, io ti bacio
e ti chiamo l’uomo più caro,
il migliore, il più fedele, il più forte
e il più dolce e insolente degli uomini.
Biancaneve, aiutami con le lodi.
BIANCANEVE
Basta basta, vi rende folle.
Non avessi mai toccato quella
ferita velenosa. Ora sanguina
di nuovo e non guarirà mai.
Se voi mi perdonaste, mia regina.
REGINA
Al diavolo con il perdono e con la
pazienza, la vergogna, la mitezza. Ehi, servo!
Entra il cacciatore.
CACCIATORE
Perché mi chiamate, dolce signora?
REGINA
Unico mio uomo, prima il bacio.
Potessi morire. Ma prima devo
parlare ancora un po’.
Devo spiegare questo gioco,
altrimenti lei, che la riguarda,
lo chiamerà rozzo.
Parla tu al mio posto. Dì
a questa stupida triste ragazza qui
quanto la odio, ma anche amo.
Tira fuori il pugnale. Anzi, caro, no!
Lascialo riposare nella sua guaina.
Devi solo parlarle, consolarla,
dirle quanto lei potrà credere,
e tranquillizzare me, azzittire
tutto quanto qui intorno, com’era
prima che il gioco leggiadro cominciasse.
Bene allora e stai in guardia.
Non dire troppo poco, di modo che
il tuo discorso scarno non riveli troppo.
CACCIATORE
Biancaneve, vieni un po’ qua da me.
BIANCANEVE
Dato che non ho più paura, volentieri.
CACCIATORE
Tu credi che io ti abbia voluto uccidere?
BIANCANEVE
Sì e no. Se tiro fuori a fatica un sì
subito il si mi dice di nuovo no.
Dì che ci credo. Dillo in modo
che sempre sarò costretta a crederti.
Sono stanca dei no. Sì è bello.
Ti credo, qualunque cosa tu dica.
Mi piace tanto dire: sì, ci credo.
Il no mi è da tempo indigesto.
Quindi sì, si: io ti credo.
CACCIATORE
Vedi, è questa la voce di Biancaneve.
Nel sospetto lei non è più se stessa,
ma un tormento che tormenta sé
e altri, che le sono dediti
nell’amore. Se ora io dico, che
è una bugia, quel che ti dice il sospetto,
bugia velenosa, inventata, allora,
non è vero, Biancaneve, tu mi crederai!
BIANCANEVE
Sì, e quanto volentieri. Oh sì, perché
non dire sì a tutto quel che dici.
Dire di sì fa tanto bene, è così
infinitamente dolce. Ti credo.
Sì, se tu mentissi, se anche costruissi
castelli di bugie, di favole, per me,
quasi da toccar con mano, e arrangiate
senza arte, io comunque ti crederei.
Sì devo dire, sempre sì.
Mai mi salì dentro una fede tanto bella
come adesso, e sì, mai fu tanto dolce
il confessarsi come con questo mio sì.
Dì quello che vuoi, io ti credo.
CACCIATORE
Come rendi facile la cosa a me
a te e alla cara regina.
Grazie per questo. Però, ragazza, credimi,
io ti dico solo menzogne sfacciate.
Per fare un piacere alla mia padrona qui
ti racconto nient’altro che favole.
BIANCANEVE
No no, non mentire a te stesso.
Io so che a parlare è la tua anima.
Io mi fido di te. Oh, una fiducia come questa
va sul sicuro, non si è mai sbagliata a fidarsi.
Dimmi bugie, la mia fiducia le trasforma
nella verità, pura come l’argento.
Dico a priori sì a tutto.
Qualunque cosa tu pensi o dica, questo mio sì
impone la verità al tuo parlare.
Parla, perché nel mio animo fiducioso
si annida come un prigioniero che
vorrebbe uscire dal chiuso.
CACCIATORE
Libera da ogni colpa o peccato quindi
Io dichiaro la regina. Mi credi?
BIANCANEVE
Se ti credo? Sì, perché mai
non dovrei crederti quel ben di Dio?
Ti credo. Continua. Ti credo.
Continua sempre di buona lena.
CACCIATORE
Che lei con baci ardenti mi abbia
istigato al misfatto non è vero.
La fiaba mente che dice così.
BIANCANEVE
E come potrebbe essere vero, se tu dici,
che non è vero. Continua, ti credo.
CACCIATORE
Che lei ti odia, simile a una serpe,
per via della tua dolce bellezza,
è una bugia. Lei stessa infatti
è bella come un albero d’estate.
Osservala e chiamala bella.
BIANCANEVE
Bella, oh quanto bella. L’opulento splendore
della primavera non è altrettanto prezioso.
Lei supera in magnificenza
il marmo levigato, dopo che l’artista
l’ha trasformato in opera d’arte.
Lei è dolce come un sogno mite.
La fantasia di tempie eccitate
non costruisce simile immagine di fata.
E lei, lei dovrebbe essere invidiosa
di me, che le sto al fianco
come l’inverno stesso, freddo e gelato?
Mai ci crederò. Come potrebbe essere?
Continua dunque, lo vedi, io sono
del tutto d’accordo con te in questa cosa.
CACCIATORE
La bellezza non odia la bellezza fino
al punto che qui diffonde la fiaba.
BIANCANEVE
No, perché lei stessa è bella.-
Come potrebbe odiare l’immagine sorella
che implorante sta ai suoi piedi
e le chiede di poterle stare vicina,
quasi fosse la sua ombra?
CACCIATORE
Che io ti abbia voluto uccidere, è
una credenza infinitamente infantile.
Mai avrei avuto il cuore per farlo.
Fin dall’inizio fui commosso dalla
preghiera dolce e implorante da bambina,
che mi parlava dalla tua bocca e dagli occhi.
Abbassai insieme il pugnale e il braccio
e sollevai te, dolcezza, verso di me.
Il capriolo, che ci attraversò la strada,
io lo uccisi. Non è così?
BIANCANEVE
Non vale nemmeno la pena di
ritornare su questa storia. Sì,
certo, sì. E’ così. Ma sì.
CACCIATORE
La regina non mandò gente
con il veleno da te presso i nani.
La mela velenosa non è verità.
La bugia è velenosa che dice questo.
Lei stessa che lo afferma è
gonfia come un bel frutto,
seducente e piena di forza adulatrice,
ma dentro è fatta così che si ammala, chi
solo osi assaggiarne un boccone.
BIANCANEVE
E’ una bugia nera e folle,
abominevole da sentire. Da far
paura ai bambini. Via con questa bugia.
Cos’altro dici? Ti prego,
tira, con altrettanta bravura, il collo
a un’altra stupida bugia ancora.
Perché tace in questo modo la regina?
CACCIATORE
Sta pensando a tristezze passate
Si ricorda dell’errore che gettò
voi due in un litigio acceso e cattivo.
Sta piangendo per questo grande malinteso.
Biancaneve, se ti posso chiedere
un gesto amorevole, dalle un bacio.
BIANCANEVE
(la bacia)
Permettetemi questo dolce segno.
Come siete pallida! Perdonate se
con i baci io voglia togliere la vita
a questo pallore. Potessero essi
aspirare tutto quel triste colore
che ora sfigura la vostra delizia.
Dì, cacciatore, non hai altre novità?
CACCIATORE
Oh, tante altre ancora. Ma ora taccio.
La fine combacia con la fine, anche se
l’inizio non è ancora arrivato alla sua fine.
La regina mi fa benigna un cenno col capo,
e in quella grazia si spegne la mia parola.
Sono beato, per questo taccio.
Arrivano il re, il principe, dame di corte e nobili.
BIANCANEVE
Oh buon padre, imprimete sul
litigio ancora non sopito
fra due cuori accesi il vostro
sigillo d’autorità. Prendete il bacio
e spegnete come messaggero di pace
ogni restante fuoco in questa lite
RE
Io vi credevo sempre pacifica.
Quale litigio, mia cara bambina?
REGINA
Non più litigio, solo parole sorridenti,
uno scherzo che si ammanta di serietà
e v’inganna con la fronte minacciosa.
Ci fu un litigio qui, ma non c’è più.
L’amore seppe trionfare qui. L’odio
perì in mezzo a così forte amore.
Io odiavo, ma era solo per gioco,
era un impeto, preso troppo sul serio,
era solo una minaccia in una vena del momento.
Nient’altro, ora regna la dolce pace.
Invidia offesa credette di dover
odiare per un po’. Ahimè, fece più
male a me che agli altri.
Biancaneve qui ve lo può confermare.
RE
E’ senza colpa questo cacciatore?
Il principe qui lo accusa amaramente.
BIANCANEVE
Il cielo stesso non potrebbe essere più puro.
Voi forse credete che, senza permesso,
lui abbia fatto l’amore con la regina,
che si siano scambiati baci e abbracci, oh,
non ci credete. Vi sbagliereste
sul conto di quest’uomo retto
che è pregiato come un gioiello.
Amore gli deve amore, l’onore
lo deve senza dubbio incoronare.
Brav’uomo, tante volte grazie, quante
la gratitudine possa mai dare, io ti do.
Al RE
Signore, tutto qui ha l’aria gentile e
il litigio ha l’aspetto del cielo azzurro.
RE
Un miracolo, in effetti, deve essersi
verificato in questa breve ora qui.
PRINCIPE
Il farabutto non è più un farabutto.
REGINA
Tacete, nobile principe, poco nobile è
questo mostrarsi attaccati al piccolo errore,
il cui ritratto continuate a tirare fuori,
il cui riaffiorare cercate in ogni modo di favorire,
invece di coprirlo. Se fosse grande,
noi tutti non staremmo radunati qui
in santa pace. Datemi la mano,
dimenticate la colpa nella stretta della mano.
PRINCIPE
Io dovrei dimenticare che questo
maledetto velenoso farabutto,
quel farabutto verde, nell’abito da cacciatore
fino a meno di un’oretta fa
con la regina si scambiò dolci favori?
Fatemi dimenticare che io sono
un principe e sovrano consacrato:
non questo peccato, che è troppo grande
per essere dimenticato come niente.
BIANCANEVE
Oh, non esiste più nessun peccato.
Si è estinto in questa compagnia,
è fuggito via da noi. A questa peccatrice qui
bacio la mano come sua fedele bambina
e la imploro di commettere più
peccati possibili di questa dolce specie.
Cosa? Principe? Voi create conflitto?
Avete dimenticato ciò che avete
giurato solo poco tempo fa?
Non avete giurato amore alla regina
e non vi siete inginocchiato davanti
all’immagine dell’opulenza adorabile e dolce?
Mostrate ora il vostro amore, davvero,
siete Voi il primo che dovrebbe qui
affrettarsi a dare il bacio timido dell’adorazione.
Anch’io, anch’io mi credetti offesa,
inseguita, scacciata e odiata.
Quanto sono stata stupida e ottusa
a pensare immediatamente al peccato,
a dare fede al sospetto con tanta fretta
e a essere cieca per colpa dell’amarezza.
Liberatevi da un’opinione prematura
riguardo a un giudizio e diritto d’ira.
Diritto qui significa clemenza; la clemenza
è l’incoronazione della pace, prendete parte
anche voi a questa festa sacra e dolce,
che getta all’aria tutti i peccati
e gioca con loro come se fossero fiori.
Siate allegro per il fatto di poter essere allegro.
Oh, se solo potessi parlare come dovrei
per questo scopo tanto sacro e grande.
Non ho talento da oratore;
e poi è troppo vivo il piacere in me
e sono troppo presa e piena
di una gioia così alta e contraddittoria.
REGINA
Ah, com’è dolce il tuo parlare, buona bambina!
RE
Prendi questo bacio, e tutto oggi
sia una festa di gioia regale.
Principe, voi fareste meglio, se vi
adattaste alla delizia generale.
Non vorrete mica essere un estraneo
e fare il forastico di fronte a così
generosa gioia del cuore. Come?
Avete ancora lo sguardo truce?
PRINCIPE
Non truce, ma nemmeno amorevole.
Non so cosa devo dire.
Esce.
RE
(a Biancaneve)
E non sei più per niente stanca,
ti piace di nuovo ridere ed essere allegra
e spargere tutt’intorno l’allegria come semi?
BIANCANEVE
Mai, mai più stanca. Come? Sta scappando
il principe, timoroso davanti al nostro giubilo?
Si addice questo a uomo tanto nobile?
REGINA
Eh certo, gli si addice, è un vigliacco!
BIANCANEVE
Non so, se lui sia un vigliacco.
Ma comportarsi così non è giusto da parte sua.
Cacciatore, vai e riportalo indietro.
Il cacciatore esce.
Voglio rimproverarlo quando torna,
e tornerà di sicuro; vuole solo,
che ci occupiamo molto di lui.
REGINA
Allora diventerà sicuramente il tuo tesoro.
E poi – poi dico io, bisogna
ricordarsi del fatto, dici –
Cosa dico? Ah già, allora dici,
che come ad esempio il caso dice :
“Che tu lo istigasti con i baci
a quel”—
BIANCANEVE
State zitta, o fate silenzio. Solo la fiaba dice così,
non voi e meno che mai io.
Io lo dissi un tempo, un tempo dissi così –
È acqua passata. Padre venite.
Accompagnateci dentro.
Tutti vanno verso il castello.