“Das letzte Band/L’ultimo nastro di Krapp” di S. Beckett
e
“Bis dass der Tag euch scheidet/Finché il giorno non vi separi” di P. Handke
regia: Barletti/Waas
con Lea Barletti, Werner Waas
Original live music/musiche originali eseguite dal vivo: Luca Canciello
Bühne und Kostüme/scene e costumi: Ivan Bazak
Regieassistenz/aiuto regia: Paolo Costantini
Produktion/produzione: Barletti/Waas, TPE (Teatro Piemonte Europa), Teatro della Tosse, Florian Metateatro, TD-Berlin
mit der Unterstützung von/con il sostegno di: Goethe Institut Culture Moves Europe / CSS Teatro stabile di innovazione del FVG / Itz Berlin e.V.
Link video: https://vimeo.com/1034784850 (für das Passwort schreibt uns/per la password contattateci!)
(Foto: Paolo Costantini)
(runterscrollen für deutsch)
Barletti/Waas, noti per i loro lavori intensi sui testi di Handke, mettono a confronto in una sorta di “duello” attraverso due testi dei grandi maestri Beckett e Handke, un personaggio (Krapp de L’ultimo nastro di Krapp) e una persona (la donna senza nome di Finché il giorno non vi separi).
La recitazione incontra la performance, il passato incontra il presente, l’arte di recitare incontra quella di improvvisare, una pausa artistica (artificiale?) incontra una pausa di riflessione (naturale?), la precisione di una partitura testuale incontra l’imprevedibilità di un’improvvisazione musicale. Un unico spettacolo per due testi diversi, due performance, due monologhi lontanissimi in tutto, che, giocati uno di seguito all’altro come in un dialogo (così Handke ha concepito il suo testo, ancora mai rappresentato in Italia: come un’eco, una risposta al famoso testo di Beckett), permettono un confronto su potere, sovranità narrativa, memoria e trasfigurazione fittizia, dove i confini tra realtà e rappresentazione si confondono.
Chi avrà l’ultima parola? Ma soprattutto: è davvero necessario che qualcuno ce l’abbia?
Note di regia:
“Personaggio” vs “persona”, “recitazione” vs “performance”, “perfezione” vs “esplorazione”, “partitura” vs “improvvisazione”…
Il formidabile meccanismo ad orologeria, l’incredibile macchina celibe creata da Beckett e l’eco postdrammatica di Handke al testo di Beckett, portati a confronto diretto, mettono in dialogo due mondi: virtuosismo, negazione del mondo e controllo maniacale incontrano voglia di vivere, coraggio di sbagliare e appassionata indignazione. L’ego-shooter Krapp viene smontato poco a poco dalla sua “eco”. La donna senza nome che Krapp evoca ai margini della propria ossessiva riproduzione/ripetizione prende finalmente la parola nel testo di Handke, nel qui e ora che attori e spettatori condividono, portando alla luce e rivelando la rigidità degli schemi in cui tutti, e non solo Krapp, siamo intrappolati.
Abbiamo creato una messa in scena che, come un gioco di scatole cinesi, prima restringe e concentra l’attenzione attraverso l’estrema riduzione dei mezzi teatrali della prima piéce, per poi allargare e quasi “disfare” lo spazio della visone e dell’ascolto nella performance aperta all’improvvisazione vocale e musicale dei due performer, attrice e musicista, della seconda.
Attraverso due differenti modi dell’agire teatrale, si rendono così visibili conflitti di potere, narrazione e finzione. Come funziona una verità faccia a faccia con un’altra?
Come nasce un dialogo? Chi avrà l’ultima parola? L’attore di Beckett o la donna senza nome di Handke? Ed è davvero necessario che qualcuno abbia l’ultima parola?
Quale possibilità si nasconde in questa persona, che dopo aver ascoltato nell’ombra l’ennesima ripetizione di Krapp, prende finalmente la parola? È davvero la possibilità di una nuova narrazione della realtà o semplicemente il suo riverbero, la sua “eco”?
Il “piccolo dramma” di Handke è un capovolgimento della logica che governa il “gran teatro del mondo”, o semplicemente un altro punto di vista su quello stesso “gran teatro”? “Cuore” e “cambiare posizione”, in arabo, hanno la stessa radice, dirà la donna senza nome. Non è abbastanza, forse, ma è un inizio.
Recensioni:
[…] Questo Krapp ridotto all’osso e più inconsueto di sempre affascina sul suo piccolo trono-sedia fino all’ultimo momento […] Con „L’ultima parola“, la loro quinta messa in scena di testi di Handke, a Barletti/Waas è riuscita la più bella di tutte, poiché la più ricca di riferimenti […]
(Thomas Irmer, Theater der Zeit: https://tdz.de/artikel/d9fabd9e-36e3-4cb2-9280-05b1084ffccb
DAS LETZTE WORT
Die Konfrontation von zwei konträren Sprachkunstwerken – Samuel Becketts perfektem Uhrwerk in „Das letzte Band” und Peter Handkes postdramatischem Echo darauf „Bis dass der Tag euch scheidet oder Eine Frage des Lichts” – ist ein Dialog zwischen zwei Welten: Virtuosität, Weltverneinung und manische Kontrolle treffen auf Lebensfreude, Mut zum Irrtum und leidenschaftliche Empörung. Charakter versus Person, Schauspiel versus Performance, Perfektion versus Improvisation. Wer hat das letzte Wort?
Zwei Texte, die in allem weit voneinander entfernt sind, stehen in zeitlicher Verzögerung in Dialog miteinander: Krapps Ego wird zerlegt von seinem weiblichen Widerhall, der namenlosen Frau, die er selbst im Verlauf seiner obsessiven Wiederholungen heraufbeschworen hat. Welche Möglichkeiten des Perspektivwechsels öffnet uns diese Frau, die, nachdem sie Krapp im Schatten zuhörte, endlich das Wort ergreift? Ist es wirklich notwendig, dass jemand das letzte Wort hat? „Im Arabischen haben ,Herz‘ und ,Position wechseln‘ die gleiche Wurzel”, sagt sie.