Parla, Clitemnestra! – Spintime / Roma, 10+11 maggio, ore 19:30, Via S.Croce in Gerusalemme 55

PARLA, CLITEMNESTRA!

un’eterna tragedia, in versi

di Lea Barletti

regia di Werner Waas

con Lea Barletti e Gabriele Benedetti

testo di Lea Barletti

produzione Compagnia Barletti/Waas

con il sostegno di Florian Metateatro e Consorzio Altre Produzioni Indipendenti

foto di Luciano Onza

Clitemnestra è uno dei tanti “danni collaterali” della gloriosa Storia degli uomini, nello specifico la guerra di Troia, con i suoi eroi (maschi), perdenti o vincitori che siano, e le sue vittime sacrificali (donne, bambini) che assurgono agli onori di quella stessa storia grazie al proprio sacrificio (Ifigenia, per esempio).

Clitemnestra, nota prima come moglie fedifraga e assassina di Agamennone, poi in quanto vittima del matricidio che il figlio Oreste compirà per vendicare la morte del padre, non merita invece che le si intitoli una tragedia. La sua storia? Non pervenuta.

È il momento dunque di far parlare Clitemnestra, e di ascoltarla. Intrappolata in un ruolo, in un nome, in un personaggio, cerca un’altra via, un’altra possibile rappresentazione di sé stessa, un’altra storia. Il suo antagonista, Agamennone, è anche lui intrappolato in un ruolo, in un nome, in un personaggio. Fin quando Clitemnestra e Agamennone non deporranno definitivamente le maschere insite nei propri nomi, nessun dialogo sarà possibile. Questa è l’unica certezza cui, attraverso un percorso pieno di dubbi e domande, giungerà Clitemnestra. E Agamennone?

Note di regia

Su di un piedistallo al centro dello spazio scenico, due corpi imbiancati e polverosi come antiche statue, un uomo e una donna, seduti vicini a formare una sorta di gruppo marmoreo: Clitemnestra e Agamennone. Gli spettatori prendono posto tutt’intorno. Su alcune sedie sono appoggiate delle piccole torce a fascio strettissimo. Attraverso queste torce, saranno infatti gli spettatori a illuminare lo spettacolo: a scegliere cosa vedere, scrutando i dettagli, le minuscole reazioni dei corpi/statua, le espressioni, le esitazioni, i lenti movimenti. Il pubblico partecipa in questo modo alla narrazione: è responsabile di quello che vede e di quello che vedono gli altri. Se improvvisamente tutti gli spettatori muniti di torcia dovessero decidere di non illuminare gli attori, lo spettacolo continuerebbe al buio e nessuno vedrebbe più niente, poiché non ci sono altre fonti di luce. Perché questa è una storia di tutti, una storia collettiva, nessuno se ne può dire fuori, questa è una storia che abbiamo scritto insieme e alla cui responsabilità non si sfugge. La presenza degli spettatori è una presenza/testimonianza che modifica e influenza l’azione in scena, sceglie, decide cosa guardare e cosa no, cosa sottolineare e cosa trascurare, decide cosa è importante e cosa non lo è e può quindi essere lasciato al buio, ai margini. Ad un certo punto poi, a tre quarti dello spettacolo, finalmente arriva la luce, una luce per tutti e su tutti, attori e spettatori: ci ritroviamo nel presente, nello stesso spazio, senza più maschere né un altrove, senza eroi né profeti. Ci si guarda in faccia: è ora di cambiare.

Il testo dello spettacolo è in versi, in gran parte in rima baciata. Nella “gabbia” della rima, quasi ossessiva con il suo ritmo e i suoi continui rimandi, il testo, un pamphlet femminista, addomestica la sua furia e acquista paradossalmente libertà e leggerezza, con un’autoironia che sorprende continuamente attori e spettatori, in un gioco quasi infantile alla riscoperta del potere delle parole.

È tutto già scritto: la storia, i suoi protagonisti e le figure che restano ai margini, la guerra e le sue vittime, la ragion di stato, i ruoli prestabiliti, le gabbie del pensiero, il gioco tra le parti, il patriarcato, la legge del più forte, l’incapacità di un pensiero critico, il peso del passato, i dettami delle mode o delle religioni, la violenza dei rapporti. Dove trovare una via di fuga?

Forse l’unica possibilità sta proprio nello scarto fra ciò che si pensa, ciò che si sente e ciò che si pronuncia: qui si articola un nostro spazio di libertà. Così è stato per duemila anni o più fra uomini e donne, sempre gli stessi versi, le stesse “rime”, le stesse scuse e accuse, e così nella gestione del potere, gli stessi schemi, le stesse guerre, l’utilizzo della religione, gli stessi stratagemmi, le “eterne scuse del potere”, come dirà Clitemnestra. Un meccanismo infernale all’interno del quale siamo imprigionati e immobili come statue.

Siamo gli ultimi abitanti di questo antico e terrificante edificio e abbiamo il dovere di fare uno scarto. In questo scarto Clitemnestra ci guida attraverso un lento e doloroso processo di presa di coscienza. Le parole si scostano pian piano dal tracciato stabilito, emergono a fatica dal buio della storia. Adesso tocca a noi prendere la parola: che fare?

L’Ultima parola al Teatro Astra di Torino dal 17 al 31 maggio 2025

L’ULTIMA PAROLA

L’ultimo nastro di Krapp” di S. Beckett

e

Finché il giorno non vi separi” di P. Handke

regia: Barletti/Waas

con Lea Barletti, Werner Waas

musiche originali eseguite dal vivo: Luca Canciello

scene e costumi: Ivan Bazak

aiuto regia: Paolo Costantini

una produzione Barletti/Waas, Fondazione TPE (Teatro Piemonte Europa), Fondazione Luzzati Teatro della Tosse, Florian Metateatro, TD-Berlin

con il sostegno di Goethe Institut Culture Moves Europe / CSS Teatro stabile di innovazione del FVG / Itz Berlin e.V.

[…] Questo Krapp ridotto all’osso e più inconsueto di sempre affascina sul suo piccolo trono-sedia fino all’ultimo momento […] Con „L’ultima parola“, la loro quinta messa in scena di testi di Handke, a Barletti/Waas è riuscita la più bella di tutte, poiché la più ricca di riferimenti […]

(Thomas Irmer, Theater der Zeit: https://tdz.de/artikel/d9fabd9e-36e3-4cb2-9280-05b1084ffccb )

(Foto: Paolo Costantini)

Barletti/Waas, noti per i loro lavori intensi sui testi di Handke, mettono a confronto in una sorta di “duello” attraverso due testi dei grandi maestri Beckett e Handke, un personaggio (Krapp de L’ultimo nastro di Krapp) e una persona (la donna senza nome di Finché il giorno non vi separi).

La recitazione incontra la performance, il passato incontra il presente, l’arte di recitare incontra quella di improvvisare, una pausa artistica (artificiale?) incontra una pausa di riflessione (naturale?), la precisione di una partitura testuale incontra l’imprevedibilità di un’improvvisazione musicale. Un unico spettacolo per due testi diversi, due performance, due monologhi lontanissimi in tutto, che, giocati uno di seguito all’altro come in un dialogo (così Handke ha concepito il suo testo, ancora mai rappresentato in Italia: come un’eco, una risposta al famoso testo di Beckett), permettono un confronto su potere, sovranità narrativa, memoria e trasfigurazione fittizia, dove i confini tra realtà e rappresentazione si confondono.

Chi avrà l’ultima parola? Ma soprattutto: è davvero necessario che qualcuno ce l’abbia?

Note di regia

“Personaggio” vs “persona”, “recitazione” vs “performance”, “perfezione” vs “esplorazione”, “partitura” vs “improvvisazione”…

Il formidabile meccanismo ad orologeria, l’incredibile macchina celibe creata da Beckett e l’eco postdrammatica di Handke al testo di Beckett, portati a confronto diretto, mettono in dialogo due mondi: virtuosismo, negazione del mondo e controllo maniacale incontrano voglia di vivere, coraggio di sbagliare e appassionata indignazione. L’ego-shooter Krapp viene smontato poco a poco dalla sua “eco”. La donna senza nome che Krapp evoca ai margini della propria ossessiva riproduzione/ripetizione prende finalmente la parola nel testo di Handke, nel qui e ora che attori e spettatori condividono, portando alla luce e rivelando la rigidità degli schemi in cui tutti, e non solo Krapp, siamo intrappolati.

Abbiamo creato una messa in scena che, come un gioco di scatole cinesi, prima restringe e concentra l’attenzione attraverso l’estrema riduzione dei mezzi teatrali della prima piéce, per poi allargare e quasi “disfare” lo spazio della visone e dell’ascolto nella performance aperta all’improvvisazione vocale e musicale dei due performer, attrice e musicista, della seconda.

Attraverso due differenti modi dell’agire teatrale, si rendono così visibili conflitti di potere, narrazione e finzione. Come funziona una verità faccia a faccia con un’altra?

Come nasce un dialogo? Chi avrà l’ultima parola? L’attore di Beckett o la donna senza nome di Handke? Ed è davvero necessario che qualcuno abbia l’ultima parola?

Quale possibilità si nasconde in questa persona, che dopo aver ascoltato nell’ombra l’ennesima ripetizione di Krapp, prende finalmente la parola? È davvero la possibilità di una nuova narrazione della realtà o semplicemente il suo riverbero, la sua “eco”?

Il “piccolo dramma” di Handke è un capovolgimento della logica che governa il “gran teatro del mondo”, o semplicemente un altro punto di vista su quello stesso “gran teatro”? “Cuore” e “cambiare posizione”, in arabo, hanno la stessa radice, dirà la donna senza nome. Non è abbastanza, forse, ma è un inizio.

Monologo della buona madre e Ashes to Ashes al Teatro Basilica/Roma 27-30 marzo

MONOLOGO DELLA BUONA MADRE e ASHES TO ASHES

Due spettacoli di Barletti/Waas

Testi di Lea Barletti
Con Lea Barletti e Werner Waas
Musiche originali eseguite dal vivo e sound design di Luca Canciello

Regia di Lea Barletti e Werner Waas
Assistente alla regia Paolo Costantini
Produzione Barletti/Waas con il sostegno di ITZ Berlin, TD-Berlin

27, 28, 29 Marzo ore 21:00

30 Marzo ore 16:30 

TEATRO BASILICA, P.za di S. Giovanni in Laterano 10, ROMA

Info & biglietti: https://www.teatrobasilica.com

Monologo della buona madre


Sola in scena, seduta su un alto piedistallo come un oggetto da esposizione, la “buona madre” inizia il suo discorso dichiarando la propria intenzione di andarsene. Il suono, il tempo, la vita, incalzano. Se ne andrà davvero? C’è forse vita, per lei, come persona, come donna, come attrice, al di fuori dello sguardo altrui? Che possibilità c’è di un’esistenza veramente umana, se non quella che si crea nel discorso tra simili? La lotta per esserci, per essere, per esserere riconosciuta, per trovare un proprio “ruolo” e spazio nel mondo, di questo personaggio, di questa persona, ci riguarda tutti da molto vicino.

Seduta, statuaria, su un alto scranno, il volto imbiancato, il vestito completamente nero, Lea-Madre, fragile e potentissima, prende vita al ritmo regolare di un battito, di un beat, di un carillon esistenziale che schiude la narrazione. […] Un lavoro rigoroso, con squarci di luce che moltiplicano l’immagine della donna in infinite ombre; con una musica che asseconda, commenta, smentisce il racconto; con quel corpo, piazzato sull’altare della vita, che sa dire verità inascoltabili. Bellissimo“.Andrea Porchedduglistatigenerali.com

Ashes to Ashes

Ashes to Ashes non ha né inizio né fine, non ha appigli, come il suo protagonista si arrotola su sé stesso in cerca di punti di riferimento, ma non trova che fumo. Le parole e le frasi emergono e affondano di nuovo, fatte a pezzi, smembrate, ritornano all’improvviso e si ripetono ossessivamente, in un moto circolare senza speranza di soluzione. L’inizio si perde nella mancanza di memoria, la fine nella mancanza di speranza. “La nostra casa è in fiamme” e noi non sappiamo nemmeno più come raccontare come siamo arrivati fin qui.

 www.barlettiwaas.eu

mail: info@barlettiwaas.eu

tel. +39 339 7519119

“Das letzte Wort” Beckett/Handke Wiederaufnahme am TD BERLIN 14.-15.-16. März

(für italienisch und weitere Infos bitte nach unten scrollen – per l’italiano e ulteriori notizie scrollare verso il basso)

DAS LETZTE WORT

Beckett und Handke von Barletti/Waas

14. März, 20:00; 15. März Sa, 20:00; 16. März So, 20:00

Dieser reduzierteste und dabei ungewöhnlichste Krapp fasziniert bis zum letzten Moment (…) Barletti gibt große Kraft. Barletti/Waas’ fünfte Inszenierung eines Handke-Stücks ist die schönste, weil auch ihre beziehungsreichste.” 

Thomas Irmer/Theater der Zeit

“The one staged by the two, with the important aid of Luca Canciello’s beautiful live music, is a performance that is profound, intense and at times perturbing, creatively enigmatic in the etymological sense for which the enigma is the very answer entrusted to us to be revealed, it is truth in its most sincere and human form.”

Maria Dolores Pesce/Sipario

https://tdberlin.reservix.de/p/reservix/group/494734

Kartenpreise 25€ / 15€ / 10€ (Solidarisches Preissystem) TD Berlin, Klosterstr. 44 10179 Berlin, Tel: +49 (30) 28093062

Email: info@td.berlin, https://td.berlin/ ; www.barlettiwaas.eu

                                                                                                                                                            (Foto: P. Costantini)

Die Konfrontation von zwei konträren Sprachkunstwerken – Samuel Becketts perfektem Uhrwerk in „Das letzte Band” und Peter Handkes postdramatischem Echo darauf „Bis dass der Tag euch scheidet oder Eine Frage des Lichts” – ist ein Dialog zwischen zwei Welten: Virtuosität, Weltverneinung und manische Kontrolle treffen auf Lebensfreude, Mut zum Irrtum und leidenschaftliche Empörung. Charakter versus Person, Schauspiel versus Performance, Perfektion versus Improvisation. Wer hat das letzte Wort?

Zwei Texte, die in allem weit voneinander entfernt sind, stehen in zeitlicher Verzögerung in Dialog miteinander: Krapps Ego wird zerlegt von seinem weiblichen Widerhall, der namenlosen Frau, die er selbst im Verlauf seiner obsessiven Wiederholungen heraufbeschworen hat. Welche Möglichkeiten des Perspektivwechsels öffnet uns diese Frau, die, nachdem sie Krapp im Schatten zuhörte, endlich das Wort ergreift? Ist es wirklich notwendig, dass jemand das letzte Wort hat? „Im Arabischen haben ,Herz‘ und ,Position wechseln‘ die gleiche Wurzel”, sagt sie.

Mit Lea Barletti / Werner Waas / Luca Canciello Regie Barletti/Waas Sound Design / Live-Musik Luca Canciello Bühne Ivan Bazak Regieassistent Paolo Costantini Produktion Barletti/Waas / TPE Fondazione Teatro Piemonte Europa / Fondazione Luzzati Teatro della Tosse/Genua / Florian Metateatro/Pescara Unterstützung Goethe Institut Culture Moves Europe / CSS Teatro stabile di innovazione del FVG im Rahmen des Residenzprogramms in der Villa Manin / Itz Berlin e.V. / TD Berlin

Lea Barletti und Werner Waas haben als Compagnie Induma Teatro zusammengearbeitet und waren an der Entstehung des multidisziplinären Kulturzentrums Manifatture Knos in Lecce, Italien, beteiligt, bevor sie 2012 die Compagnie Barletti/Waas gründen und sich vor allem mit den Arbeiten von Peter Handke beschäftigen. Zahlreiche gemeinsame Arbeiten und Projekte u.a. am TD Berlin Selbstbezichtigung/Handke, Rom/Berlin 2013; Kaspar/Handke, Berlin 2017. Ashes to Ashes/Barletti, Berlin 2019, Monologo della buona madre/Barletti, Rom 2020; Antigone/Sophokles, Berlin 2020. Ihr Handke-Repertoire wird durch die Inszenierung Über die Dörfer, Berlin 2021, bereichert. www.barlettiwaas.eu

L’ULTIMA PAROLA

Beckett e Handke di Barletti/Waas

14 – 15 – 16 marzo ore 20

Il confronto tra due diversi e opposti capolavori, tra il perfetto meccanismo ad orologeria de “L’ultimo nastro di Krapp” di Beckett e la sua “eco” postdrammatica ”Finché il giorno non vi separi ovvero una questione di luce” di Handke, è un dialogo tra due mondi: virtuosismo, negazione del mondo e controllo maniacale, incontrano vitalità, coraggio di sbagliare e indignazione appassionata. Personaggio vs persona, recitazione vs performance, perfezione verso improvvisazione. Chi avrà l’ultima parola?

Due testi lontani in tutto e per tutto, si incontrano e dialogano in differita: l’ego di Krapp viene contestato dalla sua eco femminile, “la donna senza nome”, da lui stesso evocata nella propria ossessiva ripetizione. Quale possibie cambio di prospettiva ci offre questa donna che, dopo aver ascoltato nell’ombra il monologo di Krapp, prende finalmente la parola? Ed è davvero necessario che qualcuno abbia l’ultima parola? In arabo, “cuore” e “cambiare posizione”hanno la stessa radice, dice la donna.

Con Lea Barletti / Werner Waas / Luca Canciello Regia Barletti/Waas Sound Design / Musiche originali dal vivo Luca Canciello Scene Ivan Bazak Assistente alla regia Paolo Costantini Produzione Barletti/Waas / TPE Fondazione Teatro Piemonte Europa / Fondazione Luzzati Teatro della Tosse/Genova / Florian Metateatro/Pescara Con il sostegno di Goethe Institut Culture Moves Europe / CSS Teatro stabile di innovazione del FVG nell’ambito del programma di Residenze a Villa Manin / Itz Berlin e.V. / TD Berlin

Lea Barletti e Werner Waas lavorano insieme da più di vent’anni, dapprima come Compagnia Induma Teatro, con la quale sono stati tra i fondatori del Centro culturale multidisciplinare Manifatture Knos (Lecce), in seguito, a partire dal 2012, come Barletti/Waas, dedicandosi soprattutto a lavori di drammaturgia contemporanea, in particolare di Peter Handke. Numerose le loro produzioni, alcune strutturate in maniera bilingue, tra le quali ricordiamo “Autodiffamazione” di P. Handke (2013), “Monologo della buona madre” (2016), “Kaspar” di P. Handke (2017) , “Ashes to ashes” di L. Barletti (2019), ,”Antigone” di Sofocle (2020), “Attraverso i villaggi” di P. Handke (2021), “Parla, Clitemnestra!” (2022) www.barlettiwaas.eu

Weitere Aufführungsdaten / Prossime date

27. – 30. März (27 – 30 marzo) Monologo della buona madre + Ashes to Ashes di Lea Barletti, Teatro Basilica, Roma

10. + 11. Mai (10 – 11 maggio) Parla, Clitemnestra! di Lea Barletti, Spintime, Roma

19. – 31. Mai (19 – 31 maggio) L’ultima parola (Das letzte Wort) di Beckett/Handke, Teatro Astra, Fondazione TPE, Torino

 www.barlettiwaas.eu

mail: info@barlettiwaas.eu

tel. 0049 176 65753780

BARLETTI/WAAS GOES AMERICA

Auf Einladung des PushPush Arts Centers in Atlanta arbeiten wir vom 5. bis 15. Oktober mit Künstlern aus Atlanta/USA an unserer neuen Produktion “Medea-Prozess”

REZENSION “DAS LETZTE WORT” (L’ultima parola) Beckett/Handke in TdZ

(Recensione di “L’ultima parola” su Theater der Zeit)

Hier der Link zur Kritik: https://tdz.de/artikel/d9fabd9e-36e3-4cb2-9280-05b1084ffccb

(per la versione italiana scrollare giù)

Theaterdiscounter Berlino: Beckett interrogato da una donna

„L’ultima parola“ di Beckett e Handke („L’ultimo nastro di Krapp“ di Samuel Beckett, „Finché il giorno non vi separi“ di Peter Handke) – Regia Lea Barletti, Werner Waas, Scene Ivan Bazak, Sounddesign & musiche originali eseguite dal vivo Luca Canciello

di Thomas Irmer

Alla fine, e questo è significativo a più livelli e non solo per la naturale sequenza dei due monologhi, l’ultima parola ce l’ha la donna. La pièce di Handke, in opposizione o in risposta a „L’ultimo nastro di Krapp“, messa in scena per la prima volta nel 2008 alla Comédie de Valence quando il testo di Beckett aveva esattamente 50 anni, è una rarità sui palcoscenici dei teatri. Dopo la prima i due monologhi furono poi messi in scena da Jossi Wieler per Salzburger Festspiele con Nina Kunzendorf e André Jung. E mentre il Krapp di Beckett diventava sempre più un ruolo in cui brillare per vecchie star maschili (ai grandi attori d’un tempo come Martin Held, Bernhard Minetti, Klaus Maria Brandauer seguirono Otto Sander, Josef Bierbichler, per finire con Robert Wilson), la replica femminile di Handke rimase in gran parte inesplorata e praticamente mai recitata.

Ora il duo teatrale italo-tedesco Barletti/Waas ha osato a sua volta affrontare i due monologhi. Werner Waas è seduto su una sedia, vestito di un abito grigio sporco, reso rigido fino a sembrare una corteccia o un carapace, e mangia la prima banana. Niente nastri registrati, niente scrivania, niente scivoloni sulle bucce di banana. Tutto accade attraverso il pronunciare le didascalie davanti a una tenda grigia che circonda un piccolo rettangolo. Il testo propriamente parlato dal personaggio è piuttosto esiguo e in gran parte costituito da ricordi che Krapp riascolta dai suoi nastri registrati in forma di diario come da una sua seconda voce. La parola più ricorrente nelle didascalie è „pausa“. Per questa struttura Waas non ha altro a disposizione che le modulazioni della sua voce e l’espressione minimal-pantomimica delle sue mani – ma la sfida riesce! Per le uscite di Krapp sul fondo della scena per le sue bevute di Whisky, così come sono indicate nel testo, Waas conta i secondi che passano con le dita. Questo Krapp ridotto all’osso e più inconsueto di sempre affascina sul suo piccolo trono-sedia fino all’ultimo momento, quando resta in scena soltanto l’abito vuoto, dal quale Waas si sfila.

Poi cade, con un effetto clamoroso, il sipario grigio e si vede uno spazio vasto, con una tribuna di sedie vuote. In mezzo, Lea Barletti, microfono in mano, camicia blu e pantaloni eleganti, nel suo Italiano articolato in modo extra melodioso: Il mio gioco adesso! Luca Canciello sta seduto sul lato destro e produce dal vivo, seguendo il ritmo del testo, dei sound dissonanti, accompagnando così ciò che sulle prime sembra essere un attacco di Lea Barletti al vestito-scultura rimasto in scena.

Ma in fondo si tratta di altro.

Perché il personaggio di Handke non è quello, rimpianto con un senso di fallimento da Krapp nei suoi ricordi su nastro registrato, della donna amata, allora, nella barca, nel canneto. Ma è piuttosto una persona reale del teatro, o una attrice, che reagisce, con vitalità squisitamente femminile, a tutta quella tematica di Beckett-Krapp dello scrittore perso e senza successo, redatta da un outsider che più tardi sarebbe diventato famoso. Con il suo personale piacere per la lingua, lì dove Krapp da parte sua si attacca soltanto a singole parole quali „Bobiiina“ come a delle banane. È proprio ciò che Lea Barletti fa, nella sua lingua madre, dando così a tutta la messa in scena, nella sua struttura bilingue (con i sopratitoli d’obbligo), una forza enorme. Barletti guarda il pubblico raggiante e allo stesso tempo interrogativa. „Non ti saresti mai aspettato una risposta da parte mia? Nemmeno un’eco. Nemmeno un riverbero. Tu il suono, e io il riverbero.“ E suona come una domanda rivolta anche a tutta la tradizione del teatro tedesco fatta di vecchie star in ruoli in cui brillare.

Con „L’ultima parola“, la loro quinta messa in scena di testi di Handke, a Barletti/Waas è riuscita la più bella di tutte, poiché la più ricca di riferimenti nella sua bilingualità qui particolarmente efficace. In Germania nel prossimo futuro si potrà vedere a Landshut, in Italia a Genova, Torino e Pescara.

Pubblicato il 29.10.2024